di Romy Raccioppi
Altro gioiello architettonico nella Valle del Volturno è la chiesa di San Vincenzo al Volturno. Scoperta per errore, mentre ero alla ricerca della strada per le Cascate del Volturno, si è rivelata una piacevole sorpresa. La sua posizione immersa nel verde dona al luogo un’aura di serenità che invita alla preghiera e alla meditazione. Durante l’esplorazione, purtroppo, non ho incontrato alcuno che potesse guidare il mio percorso e illustrare la storia della bellissima Abbazia. Tuttavia, ciò mi ha consentito di poterla osservare in pieno silenzio e concentrazione.
A Castel San Vincenzo, il paesino che sovrasta questa meraviglia, all’infopoint ho incontrato una gentilissima signora che mi ha raccontato le origini del luogo. La storia dell’Abbazia risale addirittura al 703 dopo Cristo, anno in cui tre principi beneventani di origine longobarda, Paldo, Tato e Taso decisero di dedicarsi alla vita monastica e di abbandonare tutti i propri averi. In particolare, avevano deciso di trasferirsi in Francia ma durante il loro viaggio, in una delle varie soste, vennero convinti da due abati a rimanere presso le Fonti del Volturno e a fondare un monastero. Tale cenobio divenne nel giro di un secolo tra le città monastiche più importanti d’Europa, che contava oltre un centinaio di monaci, con beni e prestigio, proprietà terriere che superavano i 450 chilometri quadrati e interessavano più regioni, officine con grandi lavoratori per laterizi, vetri colorati, statuaria, epigrafia, campane.
Il primo momento critico giunse nell’800 con l’arrivo dei Saraceni: saccheggi, incendi e morte di centinaia di monaci portarono i sopravvissuti a fuggire a Capua. Di lì una serie di eventi sfortunati tra cui sismi, conquiste dei normanni e bombardamenti della seconda guerra mondiale, che non hanno consentito all’Abbazia di tornare al suo originario splendore.
L’Abbazia che possiamo ammirare oggi risale alle ricostruzioni degli anni sessanta. Dopo le varie vicissitudini giace lì, stanca, avvolta in un velo di mistero ma finalmente in pace.
Nel 1832 è stata inoltre scoperta casualmente la Cripta dell’abate Epifanio, che ha portato alla luce le diverse fasi di sviluppo del monastero. Non ho avuto modo di visitarla poiché chiusa nel giorno del mio sopralluogo, ma sarà sicuramente una delle prossime tappe del mio diario di viaggio!