Per la rubrica Alesia Rita Frattolillo
Nella storia ci sono momenti in cui è doveroso e necessario intervenire quando le esasperate contrapposizioni ideologiche su questioni importanti soltanto per certi gruppi di persone dimenticano incredibilmente il vero protagonista in gioco: il bambino. Mi riferisco al dibattito e alle manifestazioni, indotti per lo più dalle famiglie arcobaleno, sulla decisione della Meloni di non ottemperare alla normativa europea che chiede di certificare i figli nati da coppie omosessuali come figli di entrambi i genitori. Dico subito che la melassa mediatica, pur mescolando questioni di peso e valore diversi, ha avuto almeno il merito di fare emergere, senza tabù e ipocrisie, che la omogenitorialità sta prendendo piede anche da noi, e che sono in aumento le coppie dello stesso sesso che decidono di “fare” un figlio, crescerlo ed educarlo. Coppie le quali dimenticano che è il bimbo ad avere diritto ai genitori, e non viceversa.
Chiaro che non si possono ignorare le scelte di chi ha gusti sessuali differenti, e pertanto Giorgia Meloni dovrebbe prendere in seria considerazione che gli eventuali figli dei gay non debbano soffrire di discriminazioni “esterne”, oltre al fatto che avere due genitori dello stesso sesso non è da sottovalutare, in quanto col tempo ciò potrebbe creare dei problemi, come dirò più avanti.
Ma se generalmente condividiamo e riteniamo giusto il riconoscimento civile che assicuri ai gay diritti patrimoniali e assistenziali, io sono tra coloro che considerano quantomeno discutibile confondere i desideri con i diritti, nel momento in cui queste coppie hanno la pretesa di “fabbricarsi” un “oggetto” da amare al di fuori della coppia.
Aggiungo sommessamente che chi insiste nel voler vedere germogliato a tutti i costi il proprio seme appare spinto più da eccessivo narcisismo che da vero amore per un altro essere.
In ogni caso, questo oggetto-soggetto è un bambino fatto generare da una donna fecondata artificialmente, pagata all’uopo.
Comprendo il desiderio della genitalità, ma se la natura non lo consente, una persona ragionevole ne dovrebbe prendere atto, comprendere i propri limiti, prendere in mano la propria vita, e magari fare consapevolmente altre scelte, come quella di adottare o prendere in affidamento un bambino già nato.
Mi spiego. Se una coppia omo oppure etero ha l’insopprimibile desiderio di dare amore a un bimbo, credo che potrebbe benissimo alleviare – magari dopo aver affrontato un percorso di formazione- le pene di un bambino “già nato” (orfanello o profugo, ce ne sono anche troppi, purtroppo) che attende un sorriso, una carezza, un nido sereno.
Invece, sta diventando una “ moda” – a mio modesto parere aberrante -quella delle coppie gay (o etero) che “fabbricano” un bambino su misura, pagando come merce un utero femminile e il suo “prodotto”. Calpestando cinicamente il mistero della vita e il ruolo sacrale della maternità, perché il legame carnale e profondo che lega il figlio alla madre biologica sarà reciso solo fisicamente.
Nessuna somma di denaro, nessuna presunta generosità di donne che mettono a disposizione il proprio utero potrà cancellare quella vita comune, quel sentire e quei palpiti all’unisono avvertiti per nove lunghissimi mesi. E per quel neo-nato, non ritrovare gli odori, i suoni prenatali percepiti, essere catapultato in un altro universo, sarà un trauma forse insuperabile.
Una lacerazione che costituirà la memoria costante di un dolore a cui il bambino non saprà dare senso forse per tutta la propria esistenza. È una verità elementare attestata da biblioteche di studi e ricerche psicologiche e neuropsichiatriche di cui purtroppo non tengono nel debito conto tutti coloro che confondono genitalità con affettività.
Un altro elemento che stupisce, è la sottovalutazione della desolante realtà delle “madri surrogate”. Una realtà che sta dando ulteriori picconate alla percezione – già così poco esaltante – del ruolo della donna.
In epoca fascista si criticavano, giustamente, le donne “fattrici” tanto osannate dal regime perché avrebbero fornito uomini alla Patria, ovvero carne da cannone a una nazione spinta da ambizioni imperiali.
E adesso? Nell’attuale società del compromesso sempre e comunque qualunque atto si riduce a compravendita, mercificazione; in nome del capriccio personale non si vuole rinunciare più a niente (diritti sì, doveri mai o quasi), e si mettono a tacere i pochi brandelli rimasti di principi e/o ideologie.
In tutto questo non poche donne, davanti ai soldi, non esitano a diventare né più né meno di un pezzo di carne intorno a un utero, e pazienza se i nove lunghi mesi di gestazione si ripercuoteranno su tutto il loro organismo.
Da questi dibattiti o sedicenti tali è assente il vero protagonista di tutta la faccenda, il bambino, che non ha voce, quando invece i “grandi” giocano proprio sulla sua pelle, o meglio sulla sua psiche. Perché è stato feto in un grembo che poi gli sarà estraneo. “Grandi” che volutamente ignorano e mandano al macero decenni di studi psicologici sulla fase prenatale, e quelli sulla necessità dell’inscindibile rapporto dell’elemento maschile e femminile per una formazione umana equilibrata.
Ora, un piccolo in fase di crescita, di formazione e di identità, vivendo con due donne o due uomini, quando, dove e come vede e constata la differenza di genere? I piccoli imitano gli adulti, da essi imparano e traggono modelli per la loro vita, quindi, vivendo con gli omosessuali, quali identità, idealità e modi comportamentali possono adottare?
Siamo sicuri che non sarebbero condizionati nella loro crescita e formazione da una visione fuorviante della realtà, dal momento che entrambi i genitori appartengono allo stesso sesso?
A questa domanda di solito si risponde con l’obiezione che il bambino ha bisogno soltanto di amore, che la famiglia tradizionale uomo-donna è allo sfascio, un vero covo di orrori, violenze, prevaricazioni; se poi uno dei due genitori viene a mancare, il figlio comunque verrà cresciuto solo dall’altro; quindi meglio evitare giudizi moralistici sommari, e dare invece al bambino ciò di cui ha bisogno, amore e armonia, appunto.
Però non comprendo perché, nel confronto con le coppie omo – felici e coese- quelle etero siano dipinte sempre sfigate, infedeli, violente, e chi più ne ha più ne metta.
Certamente, non è che l’istituto matrimoniale metta – magicamente – al riparo dalla complessità abissale della natura umana: chiunque, omo o etero che sia, non può sottrarsi alle ombre e luci della propria natura. La convivenza è una realtà complessa nella quale confluiscono paure e voragini individuali, ma neanche le coppie arcobaleno sono formate da extraterrestri, e pertanto, come tutte le altre, pure esse hanno difetti e pregi, vizi e virtù.
Comunque, a forza di guardare l’albero che cade anziché la foresta che cresce, si rischia di deformarsi la visuale e il giudizio.
Anche perché viene da riflettere se tutto questo polverone non sia solo un escamotage per distrarre tutti noi dalla latitanza sulle politiche familiari, oltre che da tante altre questioni aperte che ci affliggono, dai gravissimi problemi che ci tormentano.
Non credo di essere la prima a dire che la politica è uno show per distrarre i cittadini.
E magari questa “moda” della maternità surrogata sta diventando una sorta di antidoto alla forte denatalità italiana…
Non sarebbe stato più opportuno predisporre occupazioni lavorative per i giovani invogliandoli a formarsi una famiglia, o – ancora meglio – sostenere economicamente le famiglie, legiferare rendendo più praticabili le agevolazioni per neo-mamme e neo-papà?
Non sarebbe sacrosanto creare infrastrutture che affianchino le famiglie, a partire dagli asili nido e dalle scuole materne?
In realtà siamo davanti a un devastante processo di decostruzione dell’intero sistema sociale e politico iniziato dagli anni ’70, in cui è entrato anche lo svilimento e lo svuotamento culturale della scuola portato avanti con i vari Ddl che hanno smantellato l’impianto precedente senza sostituirlo con un’altra struttura organica e valida.
Alla disgregazione che in questo nuovo millennio ha frammentato i sistemi ideologici si sono intrecciati gli effetti della pandemia, che, tra paure, morti, chiusure fisiche e mentali, ha peggiorato il comportamento individuale in direzione di un imbarbarimento sociale contraddistinto da egocentrismo esasperato e dalla priorità assoluta accordata ai propri diritti in barba a quelli degli altri. Nella confusione morale, sociale e politica che regna sovrana ogni pretesto è buono per rinviare riforme attese da decenni, e che potrebbero migliorare la qualità della vita di tutti. Non solo di quelli che strombazzano i loro presunti diritti.
Rita Frattolillo